16 Dic, 2019

Elettrocardiogramma ECG

16 Dic, 2019

L’Elettrocardiogramma: storia, significato ed applicazioni pratiche

Testo elaborato dal dott.Gian Marco Mosele – Cardiologo

L’Elettrocardiogramma (sigla: ECG) consiste nella rilevazione e rappresentazione grafica su carta o monitor delle correnti elettriche generate dal cuore durante la sua attività e rilevate sulle superficie corporea mediante elettrodi posti in punti ben precisi del torace e degli arti. La rappresentazione grafica corrisponde ai vari momenti dell’attività cardiaca ed avviene mediante un apparecchio chiamato elettrocardiografo.

La possibilità che abbiamo attualmente di eseguire l’ECG deriva da una serie di intuizioni e scoperte che iniziano nel diciottesimo secolo e si concludono nel 1901 con la realizzazione del primo elettrocardiografo.

L’italiano Luigi Galvani (1737-1798) con i suoi famosi esperimenti, che utilizzavano muscoli di rana, scoprì la bioelettricità dei tessuti neuromuscolari. Il francese Du Bois-Reymond (1818-1896) intuisce che quando un tessuto vivente eccitabile è stimolato avviene un cambiamento della sua carica elettrica e che si genera pertanto una differenza di carica (“potenziale elettrico”) tra la zona eccitata (positiva) e la zona a riposo (negativa): tra la cellula attivata ed una a riposo si determina la differenza di potenziale che genera il flusso di corrente. Gabriel Lippman (1815-1921) introduce uno strumento detto “elettrometro capillare” per misurare la differenza di potenziale elettrico. Augustus Waller (1856-1922) ha l’intuizione di registrare dalla cute i potenziali elettrici prodotti dal cuore durante la sua attività, partendo dal presupposto che il cuore è circondato da tessuti conduttori di corrente elettrica. Egli utilizza degli speciali “elettrodi” per collegare la cute all’elettrometro di Lippman ottenendo così una rudimentale registrazione dell’attività elettrica cardiaca rappresentata come deflessione della linea di registrazione. Questi segnali erano tuttavia difficili da registrare ed interpretare. L’olandese Willelm Einthoven (1860-1927) sostituisce, per registrare la differenza di potenziale, il capillare di Lippman con un galvanometro a corda che all’epoca era utilizzato per costruire strumenti telegrafici e realizza così, nel 1901, il primo elettrocardiografo in grado di tradurre su carta l’attività elettrica del cuore in tutte le sue fasi (figura 1).

Le prime registrazioni dell’ECG erano molto rudimentali e gli elettrocardiografi molto ingombranti (figura 2);

Einthoven riusciva tuttavia ad eseguire nel suo laboratorio registrazioni dell’ECG di pazienti ricoverati in un ospedale distante due chilometri collegando il suo elettrocardiografo agli elettrodi applicati alla cute del paziente mediante fili lunghi quanto la distanza dallo studio all’ospedale. La tecnologia in questo campo ha compiuto passi molto importanti che hanno consentito di ridurre di molto le dimensioni degli elettrocardiografi rendendoli piccoli e leggeri (figura 3)

e pertanto facilmente trasportabili anche all’interno di una borsa; è attualmente possibile, inoltre, trasmettere ad una stazione ricevente situata all’interno dell’ospedale l’elettrocardiogramma registrato, ad esempio, al domicilio del paziente o a bordo di un’ambulanza.

Come abbiamo detto in precedenza, L’ECG rappresenta graficamente l’attività elettrica del cuore durante la contrazione ed il rilasciamento (sistole e diastole) degli atri e dei ventricoli. Vediamo quindi rappresentate su una carta millimetrata tre onde positive (dirette cioè superiormente rispetto alla linea di base) e dette P, R e T e due onde negative (dirette inferiormente) dette Q ed S; talora è possibile apprezzare, dopo l’onda T, un’altra onda detta U. Tra le varie onde è inoltre possibile misurare alcuni intervalli che sono detti PQ, QRS, QT ed il segmento ST (figura 4).

L’onda P rappresenta lo stato di attivazione degli atri, il tratto PQ misura il tempo che intercorre dall’inizio della attivazione degli atri all’inizio della attivazione dei ventricoli, il complesso QRS è la manifestazione della fase di attività (eccitazione) dei ventricoli, il tratto ST rappresenta l’intervallo fra il termine del complesso QRS e l’inizio dell’onda T, l’onda T è la manifestazione della fase di “ripolarizzazione” dei ventricoli ovvero il momento in cui i ventricoli hanno esaurito la loro fase di attivazione e si preparano ad una nuova contrazione, l’intervallo QT misura la durata complessiva della delle fasi di eccitazione e di ripolarizzazione dei ventricoli, l’onda U fa parte del processo di ripolarizzazione dei ventricoli ma non sempre è visualizzabile nell’ECG.

Per eseguire un ECG si applicano alla cute dieci elettrodi (piccole placche adesive in grado catturare le variazioni di carica elettrica corrispondenti alle varie fasi dell’attività cardiaca) che vengono posti a livello del torace (sei) e degli arti (uno per ciascun braccio ed uno per ciascuna gamba). In questo modo è come se il cuore venisse osservato da vari punti di osservazione diversi tra loro. Questi diversi punti di osservazione vengono definiti come “derivazioni” (nell’ECG standard sono 12) e ci consentono di valutare simultaneamente l’attività elettrica delle varie zone del cuore e questo spiega il perché nell’ECG standard le varie onde (P, QRS e T) possano avere un orientamento diverso a seconda della derivazione da cui si osserva in quel momento l’attività cardiaca (figura 5).

L’ECG a riposo (basale), che viene eseguito a paziente supino, è un esame di semplice esecuzione, breve durata (in genere bastano meno di cinque minuti), privo di rischi, indolore e, grazie alla tecnologia che ha reso l’elettrocardiografo di piccole dimensioni e portatile, eseguibile ovunque. L’ECG basale ci fornisce informazioni sullo stato del cuore al momento della registrazione e per questo non sempre è sufficiente a facilitare la diagnosi di alcune condizioni o di alcuni sintomi che possono non essere presenti al momento dell’esecuzione dell’esame. E’ per questo motivo che, per escludere la possibilità che l’ECG venga eseguito in un momento di assenza del sintomo che ha portato all’esecuzione dell’esame, con il rischio di ritenere erroneamente negativo un esame pur in presenza di una situazione di malattia, è entrato nella pratica comune l’esecuzione dell’ECG dinamico Holter.

L’ECG dinamico Holter consiste nella registrazione continua per 24 ore, con un apparecchio di piccole dimensioni collegato al paziente mediante tre elettrodi, dell’ elettrocardiogramma.

Il paziente, durante la registrazione, svolge regolarmente le sue abituali attività ed annota, su un apposito diario, le attività svolte.

La registrazione dell’ECG viene analizzata, dopo che l’apparecchio è stato tolto al paziente, tramite un apposito lettore dotato di monitor che consente di analizzare istante dopo istante l’ECG delle 24 ore e di correlare eventuali sintomi o osservazioni segnalati dal paziente nel diario, ad una determinata ora del giorno o della notte, al tracciato elettrocardiografico per evidenziare se in concomitanza dei sintomi vi siano o meno modificazioni dell’ECG ed, in caso positivo, di diagnosticare in base alla modificazioni dell’ECG le differenti problematiche cardiache.

L’ECG Holter viene consigliato quando il paziente lamenta cardiopalmo, quando si siano verificati episodi di vertigine o di perdita di conoscenza, in alcuni casi di dolore toracico.

L’ECG riveste, tra le indagini cliniche, una grande importanza nel fornire molte informazioni sullo stato di salute del nostro cuore ed in modo particolare nella diagnosi della cardiopatia ischemica nelle sue varie forme (infarto miocardico acuto o pregresso, angina pectoris), delle aritmie, dei disturbi della conduzione, del muscolo cardiaco e del pericardio, o delle malattie delle valvole cardiache, dell’ipertensione arteriosa, dell’eccessivo accumulo nel sangue di alcune sostanze o farmaci. Un ECG può mostrare i segni di un infarto (necrosi miocardia) avvenuto in un passato più o meno recente o, se eseguito in corso di dolore toracico, evidenziare le alterazioni tipiche dell’ischemia miocardica (alterazioni del tratto ST) che consentono di porre la diagnosi di infarto miocardico acuto o di angina, oppure di orientare la diagnosi verso una causa non cardiaca del dolore.

L’ECG ci consente inoltre di identificare la presenza di alterazioni del ritmo cardiaco (aritmie). Talora non osserveremo più una sequenza di eventi elettrici (onde P e/o complessi QRS) costante e regolare ma potranno comparire degli eventi anticipati (extrasistoli) isolati o in sequenza più o meno rapida o complessa. Talora L’ECG ci consentirà di evidenziare rallentamenti o interruzioni dello stimolo elettrico lungo le vie (tessuto di conduzione) che consentono la propagazione dello stimolo dagli atri ai ventricoli e nei ventricoli: in questo caso si potrà assistere a: – allungamento del tempo di conduzione dello stimolo dall’atrio al ventricolo (allungamento dell’intervallo PR), – alterazioni del complesso QRS per interruzione delle vie di conduzione (blocco di branca) all’interno dei ventricoli, – interruzione completa incostante o costante della conduzione dello stimolo dall’atrio al ventricolo (blocco atrio-ventricolare) per cui non osserveremo più una sequenza regolare di onda P seguita da complesso QRS.

Alcune di queste ultime situazioni che riguardano le aritmie possono essere alla base di episodi di vertigine o perdita di coscienza e possono talora risultare pericolose per la stessa vita. E’ pertanto comprensibile che, come è stato accennato in precedenza, un esame come l’ECG Holter possa spesso risultare più facilmente in grado di cogliere il momento in cui si verifica l’aritmia rispetto ad un ECG a riposo della durata di pochi secondi e come l’ECG possa fornirci indicazioni importantissime per iniziare una terapia con farmaci per ridurre le aritmie (antiaritmici) o per mettere in evidenza condizioni che richiedano l’impianto di un pacemaker per evitare che il cuore batta troppo lentamente o si arresti.

Sicuramente Galvani non poteva pensare che i suoi studi sulla bioelettricità dei tessuti neuromuscolari avrebbero portato allo sviluppo dell’elettrocardiografo e dell’ECG e che, nel ventunesimo secolo, l’interpretazione di una sequenza di onde graficate su carta millimetrata sia ancora in grado, nonostante gli enormi progressi compiuti dalla tecnologia nell’ambito della medicina, di fornire al cardiologo così importanti e numerose informazioni sullo stato del cuore del suo paziente.

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